l’Esodo biblico è un fatto storico o pura finzione?

L’ESODO BIBLICO È UN FATTO STORICO O PURA FINZIONE?
1. Introduzione alla questione.
Questa è una domanda molto importante. Sebbene gli studiosi, biblisti e archeologi discutono sui vari aspetti dell’Esodo israelita dall’Egitto, molti di loro sono d’accordo che questo evento si è comunque verificato, in un modo o in un altro. La domanda: l’esodo è veramente avvenuto? diventa quindi: Quando è avvenuto l’esodo? Anche questa è tuttavia una domanda altrettanto importante. Nonostante vi sia molto dibattito, la maggioranza degli studiosi si schiera in due gruppi: quelli che sostengono sia avvenuto nel secolo XV a.C. e quelli che datano al secolo XIII a.C. L’articolo Exodus Evidence: An Egyptologist Looks at Biblical History lotta con entrambe le domande. Nell’articolo, le prove supportano la datazione del XIII secolo del periodo ramesside, quando avrebbe governato la XIX dinastia d’Egitto. Tuttavia, nutro l’attuale convinzione che si tratti della XVIII dinastia vissuta intorno al 1450 a.C. Ma analizziamo insieme questo articolo
Lo scritto esamina dei testi egizi, manufatti e siti archeologici dimostrando che la Bibbia racconta dei ricordi precisi avvenuti nel XIII secolo a.C., come ad esempio i nomi dei tre luoghi che compaiono nel resoconto biblico corrispondenti ai nomi di tre località egizie del periodo ramesside (XIII-XI sec. a.C.). La Bibbia narra che, come schiavi, gli israeliti furono costretti a costruire le città di Piton e Ramses. Dopo le dieci piaghe, gli israeliti l’asciarono l’Egitto per poi attraversare lo Yam Suf (letteralmente Mar finale, conosciuto come Mar Rosso), le cui acque furono miracolosamente aperte in due per favorire il loro passaggio verso l’Arabia. Ebbene, i nomi biblici Pitom, Ramses e Yam Suf corrispondono ai nomi di località egizie Pi-Ramesse, Pi-Atum e (Pa-)Tjuf. Questi tre nomi di luogo appaiono insieme nei testi egizi solo dal periodo ramesside in poi. Il nome Pi-Ramesse iniziò a non essere più utilizzato entro l’inizio del Terzo Periodo Intermedio d’Egitto, intorno al 1085 a.C.
Questi nomi specifici registrati nel testo biblico dimostrerebbero che la memoria degli autori biblici per queste indicazioni precedette il Terzo Periodo Intermedio d’Egitto. Questo supporterebbe un esodo avvenuto nel XIII secolo durante il periodo ramesside, poiché è solo durante questo periodo che i toponimi di cui sopra vengono usati.
La casa di un lavoratore della Tebe occidentale sembra anche sostenere non necessariamente un esodo, ma quanto meno la presenza di semiti nel XIII secolo. Nel 1930 gli archeologi dell’Università di Chicago hanno riportato alla luce il tempio funerario di Aya e Horemheb, gli ultimi due faraoni della XVIII dinastia d’Egitto, nella Tebe occidentale. Il tempio venne eretto da Aya nel XIV sec. a.C., ma Haromheb dopo averglielo usurpato lo ampliò quando divenne faraone (governando dalla fine del XIV sec. fino ai primi del XIII sec. a.C.). Horemheb scalpellò il nome di Aya ovunque si trovasse scritto, sostituendolo con il proprio. Più tardi – durante il regno di Ramses IV (XII sec. a.C.) – il tempio di Aya e Horemheb fu demolito.
Durante gli scavi, gli esperti dell’Università di Chicago hanno scoperto una casa appartenuta ai lavoratori che hanno avuto il compito di demolire il tempio. La pianta della casa è la stessa di quella caratteristica abitazione a quattro stanze israelita dell’Età del Ferro. Tuttavia, a differenza dei modelli di abitazione israelita solitamente costruiti in pietra, la casa tebana era fatta di canne e fango, probabilmente per essere provvisoria. È davvero significativo che questa casa venne costruita in Egitto al tempo stesso che Israele stava utilizzando una stessa pianta abitativa in Canaan. La somiglianza fra le due abitazioni ha indotto alcuni studiosi ad asserire che la casa di Tebe è appartenuta o a proto-israeliti o a un gruppo strettamente legato ai figli d’Israele .
Un terzo elemento di prova per l’Esodo è l’Onomasticon Amenope. L’Onomasticon Amenope è una lista di parole classificate nel Terzo Periodo Intermedio dell’Egitto. Scritto in Ieratico (un sistema di scrittura corsiva adoperata dai faraoni d’Egitto), il papiro comprende il termine semitico brk.t, che si riferisce ai laghi di Pitom. Anche nelle fonti egiziane, il nome semitico per i laghi di Pitom è stato utilizzato al posto del nome egiziano originale. È probabile, quindi, che una popolazione di lingua semitica abbia vissuto nella regione abbastanza a lungo da soppiantarne il nome egizio originale sostituendolo con quello loro assegnato.
Un’altra prova che sembra essere convincente si trova nel testo biblico in sé. L’articolo, asserendo ad una “probabile” ipotesi che la storia di schiavitù in Egitto sia vera, spiega:
«La trama dell’esodo, di un popolo in fuga da un’umiliante schiavitù, suggerisce elementi storicamente credibili. Solitamente, solo le storie di gloria e vittoria vengono conservate nelle narrazioni da una generazione all’altra. Una storia di schiavitù rischia di portare elementi di verità».
Gli studiosi di varia estrazione si schierano su entrambe le questioni: l’esodo è storia o mito? Le scoperte archeologiche hanno dimostrato che almeno le narrazioni dell’esodo biblico sono storicamente accurate e attendibili, ma anche se l’archeologia può gettare luce sugli aspetti del passato portando in vita le parti più nascoste della storia, anch’essa ha i suoi limiti.
2. Un problema di datazione.
Uno dei periodi storici più dibattuti, dal punto di vista archeologico, è quello dell’Esodo, nel quale non c’è notizia nelle cronache egiziane del tempo, malgrado l’eccezionalità degli eventi provocati dalle piaghe d’Egitto. Secondo alcuni archeologi la Bibbia è una vera e propria guida per la ricerca archeologica; nell’articolo sull’esodo si analizzano teorie, indizi, prove. Infatti le vicende della conquista della Palestina da parte di Giosuè sarebbero completamente smentite dai reperti archeologici: gli scavi effettuati a Gerico non hanno trovato traccia della sua distruzione durante l’epoca indicata. Le prove certe dell’storicità della Bibbia, almeno per adesso, sono davvero rare. Questo è quanto, in un riassunto di poche parole, la comunità internazionale afferma in modo prevalente riguardo ai fati riportati nella Bibbia e che avrebbero portato alla creazione dello stato di Israele.
In realtà la comunità scientifica non è così compatta come potrebbe sembrare; gli archeologi biblici, infatti, si dividono tra massimalisti, per i quali la Bibbia è una vera e propria guida per la ricerca archeologica, e minimalisti, che la considerano un testo religioso privo di alcuna oggettività. Nel mezzo vi è una fascia piuttosto ampia di moderati che escludono le interpretazioni letterali ma accettano una generica base storica del Libro sacro.
Uno dei più grandi esperti del XX sec. nella lettura dei geroglifici antichi fu sir Alan Gardiner; egli contribuì enormemente a scoprire ciò che sappiano oggi sull’Egitto. Dopo una vita dedicata alle ricerche, Gardiner scrisse riguardo alla civiltà egizia: “non dobbiamo dimenticare che si tratta di una civiltà risalente a millenni fa, della quale sopravvivono resti davvero minimi. Quella che viene definita con orgoglio la storia d’Egitto non è altro che una raccolta di stracci e frammenti”. Se abbiamo solo stracci e frammenti, quanto possiamo essere certi delle date?
L’egittologo Kent Weeks sostiene che Gardiner abbia detto una cosa essenzialmente vera. La cosa più interessante di tutto il materiale dell’antico Egitto, però, è che gli stracci e i frammenti sono più numerosi e di tipologia più varia rispetto a quelli di ogni altra civiltà sulla terra. C’è ogni tipo di materiale giunto fino a noi e sono stracci e frammenti incompleti e avere tutto questo materiale è straordinario ma anche estremamente scoraggiante, perché lascia molto più spazio al dubbio e alle discussioni. Alla fine dei conti la cronologia della storia d’Egitto sorregge tutto ciò che è stato fatto nel resto del mondo conosciuto. È una responsabilità enorme, nonché una delle ragioni per cui è studiata attentamente, perché se si parla di ricostruire la storia antica, molto dipende dalle risposte.
3. Un nuovo paradigma.
L’unica epoca in cui c’era uno schema corrispondente alle fasi era il Medio Regno, non il Nuovo Regno. E se questa non è una coincidenza, allora si rende necessario un cambiamento radicale. O l’Esodo è avvenuto molto prima del 1450 a.C., oppure la cronologia dell’Egitto è sbagliata. La discussione sulla cronologia della storia antica è accesa e se ne è discusso anche alla conferenza sulla nuova cronologia tenutasi in Germania; sebbene le conclusioni su chi è favorevole a modifiche importanti possono essere sbagliate, tutti concordano sul fatto che si debba indagare ulteriormente e che la cronologia non è né fissa né definitiva-
Nella cronologia della storia d’Egitto sono stati inseriti dei buchi nella storia delle civiltà limitrofe affinché questa corrispondesse al terzo periodo buio d’Egitto. Tuttavia, l’archeologia di queste civiltà non conferma questi buchi. Come sarebbe la storia se i periodi bui fossero modificati come lo rendono necessario le prove, secondo alcuni esperti? Ciò che non cambia è il tempo della Bibbia, che non ne è influenzato.
Cambiare la cronologia dell’Egitto significa spostarla rispetto a quella della Bibbia: così all’improvviso eventi che non sono accaduti nel momento giusto, sembrano allinearsi diversamente. Questa è la parte interessante, perché improvvisamente si iniziano a trovare prove a sostegno della Bibbia. In tale caso lo schema della storia egiziana coinciderebbe con quello della storia biblica, con le relative prove. D’altra parte se si mettono da parte per un attimo le date, lo schema dei fatti provenienti dall’archeologia corrisponde alla Bibbia in modo impressionante. Tale coincidenza merita di essere studiata con cura, ma per il momento i sostenitori delle teorie tradizionali non permettono di effettuare tali collegamenti.
4. Ramses, il faraone dell’Esodo?
Secondo molti studiosi, l’Esodo non sarebbe avvenuto affatto, né tantomeno sotto il regno di Ramses II, il più grande faraone costruttore, basando tale convinzione sulla circostanza dell’assenza di prove. Ma allora perché viene considerato l’eventuale faraone dell’Esodo? Nel corso di duemila anni l’Egitto ha vissuto tre grandi periodi di potere:
– l’Antico Regno, con le sue imponenti piramidi di pietra;
– Il Medio Regno, l’apice dell’arte e della letteratura;
– Il Nuovo Regno, con vasti imperi che dominavano terre stranire.
Questi grandi periodi di potere furono seguiti da periodi bui di debolezza e disgregazione. Rames II fu faraone durante il Nuovo Regno, egli comandò un impero grandioso e riempì il paese di monumenti. L’associazione del nome di Ramses II alla storia dell’Esodo è legata al fatto che la Bibbia contiene un passaggio cruciale che porta molti a correlare l’Esodo con il periodo del faraone in quella che è nota come la teoria dell’Esodo di Ramses. Un fondamento di questa teoria è l’edificazione della città di Ramses; in esso si dice che gli ebrei realizzavano i mattoni per la città o il deposito di Ramses.
Analizziamo in modo rapido le evidenze archeologiche della città per comprendere meglio; questa importante città costruita da Ramses è attualmente in fase di scavo e continua ad essere studiata. La storia di questa città è molto breve, infatti intorno al 1100 a.C. essa già non esisteva più. Se è vero che gli ebrei contribuirono alla sua costruzione, le date inerenti le vicende della città vanno considerate come periodo di riferimento.
a) I Semiti.
La teoria dell’Esodo di Ramses colloca l’evento dell’esodo circa 250 anni prima del 1000 a.C., ossia all’incirca nel 1250 a.C. Il problema è che non vi sono evidenze archeologiche che indichino la presenza di semiti nella città fatta costruire da Ramses II. Ma chi erano i semiti? Quello dei semiti era un unico gruppo linguistico del Vicino Oriente che in origine occupava la regione compresa fra i monti Tauro e Antitauro a nord, l’altopiano iranico a est, l’oceano Indiano a sud, il Mar Rosso e il Mediterraneo ad ovest. In epoca storica, in seguito a migrazioni le lingue semitiche (siriaco, aramaico, arabo, ebraico e fenicio) si sono diffuse nella regione etiopica e in Africa settentrionale. Sulle origini dei popoli di lingua semitica si aprì una discussione nella seconda metà del XIX sec., rispetto alla ricerca di una sede primitiva, nella quale due teorie trovano particolare favore: la prima collocava i semiti fin dall’epoca preistorica in Arabia, da cui sarebbero successivamente emigrati; la seconda presupponeva un’originaria unità semitica in Mesopotamia.
In merito alla presenza di popolazioni semitiche in Egitto non devono passare inosservate le notizie di ritrovamenti molto interessanti, nuove scoperte archeologiche di una città e di un popolo che, in modo sorprendente, sembrano corrispondere al racconto biblico e, cosa più sensazionale, il rinvenimento è avvenuto proprio nella città di Ramses dove la stessa Bibbia colloca gli israeliti, più precisamente ad Avaris, nel delta del Nilo, dove Manfred Bietak – egittologo dell’università di Vienna – assieme al suo team scava da oltre trent’anni. Avaris si trova al di sotto del settore meridionale della città di Ramses. Lo stesso Bietak afferma di aver scoperto i resti di una città enorme, di 250 ettari con una popolazione di circa 25/30 mila abitanti provenienti dalla regione di Canaan in Palestina. Potrebbero essere giunti fino in Egitto, dove si stabilirono, come sudditi della monarchia egizia o con l’approvazione dei reggenti egizi, anche in considerazione he la città di Avaris godeva di una specie di statuto speciale come se si trattasse di una zona franca.
Inoltre, sono state rinvenute tracce della presenza di pastori, rinvenendo in tutta l’area fosse con resti di capre e pecore, forse si trattava di beduini con greggi enormi, che pascolavano intorno. Bietak precisa che i collegamenti fra questi abitanti e i proto-israeliti è molto debole eppure già vi è una prima corrispondenza con quanto affermato dalla Bibbia. Il faraone, infatti, autorizzò i primi israeliti a trasferirsi liberamente nella zona migliore e lì le loro greggi prosperarono e si moltiplicarono. Questa potrebbe considerarsi una prima prova o, meglio, un primo indizio. Ma perché non poteva trattarsi dei proto-israeliti di cui parla la Bibbia? secondo Bietak gli insediamenti dei proto-israeliti a Canaan iniziarono nel XII sec. a.C. e proseguirono successivamente; pertanto le prove rinvenute nel sito archeologico di Avaris e relative alla presenza di una popolazione semitica nella città risalendo a molti secoli prima rispetto agli eventi dell’Esodo e all’epoca in cui lo stesso viene collocato non possono riferirsi alla stessa popolazione dell’Esodo.
Un importante egittologo americano, Kent Weeks, che aveva scoperto la tomba dei figli di Ramses II situata nella Valle dei Re, ha evidenziato un aspetto fondamentale connesso alle problematiche di questi eventi ponendo delle domande che non trovano immediata risposta. Ramses II è il faraone dell’Esodo? Come possiamo dimostrarlo? La cronologia egizia non è di aiuto in quanto ancora molto grossolana e ambigua e i collegamenti tra questa e quella di altre culture del Vicino Oriente antico, da prendere come punto di riferimento, è ancora più confusa. In realtà non è possibile una datazione precisa per l’Esodo. Alcuni studiosi sostengono che l’evento sia avvenuto sotto Ramses II adducendo come prova più il contesto culturale che non evidenze archeologiche o cronologiche. Ripetiamo che RamsesII fu un sovrano potente e famoso, costruì monumenti straordinari, scegliere lui renderebbe tutto più semplice; soprattutto perché sarebbe stato un avversario importante. Perciò alcuni hanno scelto Ramses II come faraone dell’Esodo. Tuttavia non tutti gli egittologi sono d’accordo, poiché qualunque altro faraone avrebbe potuto esserlo sempre che si riesca a dimostrare che ci fu un esodo.
Ma se non è stato Ramses II il faraone dell’Esodo, chi lo fu? Forse la soluzione è cercare l’Esodo in un periodo o regno diversi.
5. Spostare la datazione dell’Esodo .
Innanzitutto bisogna partire da un’attenta analisi dei dettagli del racconto biblico per poi rinvenire sul terreno le prove che ci permettono di collegare i fatti narrati dalla Bibbia ai fatti storici. Le testimonianze più antiche dell’Esodo furono scritte in antico ebraico nei primi cinque libri della Bibbia (Pentateuco), conosciuti come Torah. In realtà la storia dell’Esodo inizia prima che gli israeliti lascino l’Egitto. Essa inizia con Abramo, quando JHWH lo conduce nella terra di Canaan e stringe un’alleanza con lui. Nelle parole di quell’alleanza viene descritto l’intero esodo: “E l’Eterno disse ad Abramo, dopo che Lot si fu separato da lui: «Alza ora i tuoi occhi e mira dal luogo dove sei a nord, a sud; a est e a ovest. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza, per sempre. E renderò la tua discendenza come la polvere della terra; per cui, se qualcuno può contare la polvere della terra, si potrà contare anche la tua discendenza” (Ge 13,14-17; 15,18-21; 17,1-8). Quel giorno Dio strinse un’alleanza e fece una promessa formale ad Abramo e aggiunse: “Poi lo condusse fuori e gli disse: «Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse: «Così sarà la tua discendenza»…. Allora l’Eterno disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi; dopo questo, essi usciranno con grandi ricchezze” (Ge 15,5.13-14).
Se si considerano gli eventi raccontati dalla Bibbia, si può individuare una sequenza che può guidare l’intera indagine. Si possono identificare sei fasi nella sequenza biblica che individuano gli eventi e i momenti principali dell’esodo:
– l’arrivo dei proto-israeliti;
– la moltiplicazione degli stessi;
– la loro riduzione in schiavitù;
– il giudizio verso il paese che li ha resi schiavi;
– l’esodo;
– la conquista della terra promessa.
Partendo dall’ipotesi che l’Esodo sia realmente accaduto, nel racconto biblico vi sono elementi così importanti da essere quasi impossibile che non abbiano lasciato qual he residuo di testimonianza nella storia dell’Egitto. Esaminando le prove che la scienza archeologica mette a disposizione possiamo esaminare ciascuna di queste fasi.
a) L’arrivo dei proto-israeliti.
Il libro della Genesi ci dice che il primo discendente di Abramo ad arrivare in Egitto fu il suo pronipote Giuseppe, figlio di Giacobbe. Il racconto biblico dice che Giuseppe fu venduto come schiavo dai suoi fratelli ad una carovana di mercanti che lo portarono in Egitto: “Come quei mercanti madianiti passavano, essi tirarono su Giuseppe, lo fecero salire dalla cisterna, e lo vendettero per venti sicli d’argento a quegl’Ismaeliti. Questi condussero Giuseppe in Egitto” (Ge 37,28.36; 39,1). In uno straordinario svolgersi di eventi, Giuseppe sale di grado fino a divenire il primo ufficiale d’Egitto, salva il paese da una terribile carestia e consente al padre Giacobbe e a tutta la sua famiglia di stanziarsi nella zona migliore del paese chiamata Goshen (Ge 39,2-6; 41,41-46).
La città di Avaris.
Sulla identificazione precisa di Goshen ci sono fortissime difficoltà; è il nome ebraico che la LXX rende Γεσευ e la Vulgata Gessen la località dove avrebbero dimorato Giacobbe e i suoi discendenti nell’emigrazione in Egitto. Sembrerebbe identica alla terra di Ramses; i LXX scrivono “Gesem di Arabia” ma è dubbia anche quest’ultima identificazione. Per essi la terra di Ramses sarebbe Heroompol, cioè Pithom, per molti quasi certamente Avaris, che da un lato è il luogo di incontro di Giuseppe con il padre e i fratelli, dall’altro sarebbe stata anch’essa edificata dagli ebrei nonostante sia negata dal prevalente orientamento scientifico. Si è anche proposto di identificare Ramses con l’egiziana Per-Ramses, residenza di Ramses II nel delta del Nilo, di cui si ha traccia sino al IV sec. a.C. in ogni caso si pone una domanda: ci sono prove dell’arrivo di questa famiglia in Egitto, così come dice la Bibbia? in realtà si trovano solo tracce della presenza di pastori nel sito di Avaris.
Secondo David Rohl, scrittore, storico, egittologo, sono rinvenibili prove dell’esistenza di Giuseppe, Giacobbe e dei primi israeliti nella regione del delta del Nilo in Egitto. Egli ritiene che molti egittologi non trovano le prove dell’Esodo perché le cercano nell’epoca sbagliata. Mentre gran parte degli studiosi ritiene che sia avvenuta nel Nuovo Regno (dal 1552 a.C. fino al 1069 a.C.), la sua teoria colloca l’Esodo in un’epoca differente, cioè nei primi anni del Medio Regno (tra il 2055 a.C. ed il 1790 a.C.) nei quali si troverebbero le prove dell’Esodo. Rohl sostiene che secondo molti esperti, se si osserva la città di Ramses nessun medio orientale viveva in quella città. Ma scavando più in profondità si trova una città piena di semiti. In tutto ciò il particolare della città di Ramses rappresenta un anacronismo; infatti è un elemento aggiunto successivamente nel testo. Chi ha aggiunto il particolare vuole dire che in quella città gli israeliti costruirono la città deposito, conosciuta oggi come Ramses. Ma nell’antichità si chiamava Avaris e chi ha scritto quel brano della Bibbia sapeva dove si trovava Ramses e quindi dove i suoi antenati l’avevano edificata . La Bibbia usa la parola Ramses centinaia di anni prima dell’esistenza della città o perfino del faraone Ramses per descrivere la zona in cui si stanziò la famiglia di Giuseppe, perciò se la parola Ramses nella Genesi non si riferisce all’epoca del faraone Ramses II perché dovrebbe essere diverso per il libro dell’Esodo?
La casa siriana.
La città di Avaris che si trova sotto la Ramses biblica è quella del Medio Regno dell’epoca della XIII dinastia, perciò negli scavi sono stati rinvenuti resti di un popolo di lingua e cultura semita che viveva ad Avaris da centinaia di anni.al termine del periodo tutti i semiti se ne vanno abbandonando la città e portando con sé i loro averi. Dagli scavi di Avaris emerge che al termine della XII dinastia compare una casa siriana. Gli archeologi austriaci chiamano questo tipo di case Mittelsaal. Identico tipo di edificio si trova nel nord della Siria, la zona da cui proviene Abramo. È proprio lo stile di casa che ci si aspetterebbe che Giacobbe avesse costruito in Egitto. Sappiamo che gli israeliti cercavano moglie ad Harran, in Siria, perciò la cultura che troviamo in Egitto al termine della XII dinastia sembra provenire in origine dal nord della Siria. Secondo Rohl questo si può collegare alla presenza di Giuseppe in Egitto; infatti dopo la costruzione della casa di Giacobbe questa viene appiattita, cambia completamente stile, su di essa viene costruita un palazzo egizio con cortili, colonnati e sale per incontri. C’era perfino una sala di vestizione e chiaramente apparteneva ad un alto ufficiale del paese, ritenuto molto importante poiché il proprietario di un palazzo simile è onorato per il suo operato. Nei giardini dietro il palazzo gli archeologi hanno trovato dodici tombe sormontate di cappelle commemorative, particolare che riveste molta importanza se si pensa che il numero dei figli di Giacobbe era dodici, al numero dodici tribù di Israele e, altro particolare che lascia sorpresi, è che il palazzo aveva un portico con dodici colonne .
La tomba piramidale.
Una delle dodici tombe rinvenute era a forma di piramide; questo particolare è già di per sé straordinario perché solo i faraoni e le loro consorti avevano tombe simili, però il cadavere sepolto in questa tomba non era di un re. Ciononostante ha ricevuto gli stessi onori, infatti all’interno della cappella mortuaria c’era una statua dalla cui analisi si è scoperto che l’uomo aveva i capelli rossi e la pelle pallida come veniva raffigurata la gente del nord. Inoltre, aveva un bastone da lancio dietro la schiena, segno distintivo del lavoro realizzato per l’ufficiale asiatico, e viveva nella terra di Goshen. Un altro particolare che emerge dall’analisi della statua è dato dai residui del colore delle righe di un mantello dai molti colori, elemento che corrisponde esattamente al racconto biblico di Giuseppe. Dal racconto biblico emerge che il mantello colorato è un dono che dimostra che egli era il preferito del padre e questo rapporto diventa quasi il suo emblema (“Israele amava Giuseppe più di tutti gli altri suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia; e gli fece una veste lunga con le maniche” Ge 37,3). In Egitto non sono state rinvenute altre statue di semiti dello stesso tipo .
Il funzionario egizio.
Il racconto biblico ci dice che Giuseppe con l’aiuto di Dio ha potuto salvare l’Egitto avvertendo il faraone di una calamità incombente (Ge 41,46-49.54-57): sette anni di abbondanza seguiti da sette anni di terribile carestia. Dalla visione che Giuseppe ha avuta in sogno emerge la grande importanza rivestita dal fiume Nilo, causa sia dell’abbondanza che della carestia. Infatti la regolazione delle acque del fiume sarebbe stata cruciale nei preparativi per affrontare la carestia. Un canale collega il Nilo al bacino di Fayyum, una grande area lacustre; tale canale, denominato Bahr Yussef, canale di Giuseppe, risale a migliaia di anni fa. È probabile che il luogo prenda questo nome perché realizzato sotto il comando di Giuseppe come visir d’Egitto e realizzato per deviare buona parte delle acque nel bacino di Fayyum in modo da avere acqua a livelli adeguati per la coltivazione. Il canale, usato ancora oggi, risale allo stesso periodo dei primi insediamenti di Avaris.
Sempre dalla lettura della Bibbia, sappiamo che durante la carestia l’Egitto è l’unico paese ad avere pane (Ge 41, 53-57). La popolazione inizia a chiedere a Giuseppe i mezzi per sopravvivere prima acquistano le merci, poi vendendo i propri animali, infine vendendo le proprie terre o se stessi; così al termine dei sette anni di carestia il faraone possiede tutto ciò che c’è in Egitto.
Ma quanto raccontato dalla Bibbia è realmente accaduto? È avvenuta qualcosa del genere in Egitto o in Siria, un ribaltamento delle condizioni tra il popolo egiziano e il faraone? Al riguardo soccorrono le teorie e le convinzioni del professore di ricerca biblica Bryant Wood, secondo il quale studiandola storia dell’Egitto si scopre che in un certo momento accade qualcosa di molto importante. L’Egitto era suddiviso in zone chiamate “hesep”, dai greci definiti “nomi”, specie di distretti che coprivano tutto il paese i cui governanti avevano una ricchezza enorme e un grande potere. In un certo momento della storia d’Egitto, tutto ciò cambia improvvisamente e la ricchezza si concentra tutta nelle mani del faraone. Cosa è successo? Nei libri sulla storia egizia non c’è alcuna spiegazione. Nessuno sembra spiegarsi questo repentino cambiamento sociale ed economico. La risposta può essere rinvenuta, ancora una volta, nella Bibbia. la strategia di Giuseppe adottata per la carestia, infatti, concentra tutte le ricchezze nelle mani del faraone e questo si inserisce perfettamente nella storia d’Egitto. Sembra che ciò sia accaduto durante i regni di due importanti faraoni del Medio Regno; questo periodo risale infatti alla co-reggenza di Sesostri III e di suo figlio Amenemhat III. È probabile che questo sia il periodo della carestia e che Amenemhat fosse il faraone di Giuseppe. A riprova di ciò è la raffigurazione di una statua del faraone con una espressione preoccupata, le orecchie sono in fuori perché ascolti e non ha l’espressione piatta che generalmente si nota nella rappresentazione e nelle stature dei faraoni precedenti e successivi; ciò indicherebbe che nella sua epoca l’Egitto stava affrontando grandi difficoltà. Il faraone, inoltre, fece costruire la sua piramide proprio accanto al canale di Giuseppe.
La prima fase della sequenza biblica, quella dell’arrivo, sembra presentare delle prove che corrispondono al racconto biblico: la casa in stile siriano comparsa nella zona del delta, il palazzo di maestosità regale abitato da un alto ufficiale semita proveniente dalla regione di Canaan che indossava un mantello colorato, il canale che devia parte delle acque del Nilo fino al bacino di Fayyum, che porta il nome di Giuseppe e la cui realizzazione appare contemporaneo all’ascesa di Avaris, la fine del potere e della ricchezza dei governatori regionali e le nuove vette raggiunte dal potere del faraone. Tutti questi elementi convergono in una statua che raffigura il faraone in un’originale espressione preoccupata indizio rivelatore di un regno in difficoltà.
Ma perché, allora, non si sente parlare di queste prove? La risposta, sempre identica, risiede nello schema usato dagli studiosi per datare gli eventi: questi accadono troppo presto perché vi siano israeliti. Dopo la tomba piramidale di Avaris, gli scavi hanno portato alla luce un’altra prova molto importante. Un indizio fondamentale che potrebbe rivelare che l’uomo con il mantello colorato sia Giuseppe è indicato nel libro dell’Esodo; infatti la Bibbia ci dice che in punto di morte Giuseppe chiede ai fratelli di portare il suo corpo nella terra promessa quando andranno via dall’Egitto (Ge 50,24-26). E tale circostanza è incredibile se si pensa che la tomba piramidale sia stata trovata vuota; dentro infatti non c’era nulla tranne i frammenti di una statua distrutta, non c’erano ossa, collane per mummie, né il legno del sarcofago e non si può pensare ad un tombarolo poiché non ruberebbe le ossa in quanto non hanno valore sul mercato degli oggetti antichi. Il corpo verrebbe preso solo da coloro peri quali avrebbe un grande valore ed è stato tirato fuori assieme a tutti i beni; è verosimile ipotizzare che quando Mosè porta via il popolo dall’Egitto vuole mantenere la promessa fatta a Giuseppe di riportare il suo corpo a Sichem e seppellirlo nella terra promessa; non a caso nell’antica città di Sichem a Canaan, oggi Nablus in Cisgiordania, c’è una tomba che l’antica tradizione vuole essere quella dove furono tumulate le ossa di Giuseppe portate dall’Egitto.
b) La moltiplicazione.
Giuseppe così muore come i fratelli e tutta a sua generazione. Gli israeliti si moltiplicano fino a riempire la terra di Avaris. Prima vi era una terra vergine con un piccolo insediamento di circa dodici case per 70/100 persone. Successivamente in un periodo di tre o quattro generazioni questa città divenne enorme, una delle più grandi città del mondo antico. È una città abitata da stranieri nel delta del Nilo, la cui esistenza è approvata dallo stato egizio. In quest’epoca non ci sono schiavi, si tratta semplicemente dell’arrivo di israeliti/semiti che si insediano qui con i loro greggi e prosperano fino a diventare piuttosto ricchi.
Come confermato anche dall’Egittologo James Hoffmeier, sappiamo che c’era una popolazione di lingua semita, venuta probabilmente dalla Siria, dalla terra di Canaan, nella prima parte del II millennio a.C. I resti della civiltà sono stati ritrovati in molti siti, sono state trovate tombe chiaramente straniere, di semiti, e lo si evince dalle ceramiche e dal tipo di armi; in alcuni casi sono stati sepolti anche degli asini e questa non era una pratica egizia. Non è possibile affermare con certezza che si tratti di ebrei, ma all’epoca sarebbe stato difficile distinguere un ebreo da un abitante di Canaan, almeno dal punto di vista culturale. John Bimson, professore di Antico Testamento presso il Trinity College di Bristol e specialista di storia e archeologia biblica, vede una chiara correlazione tra la crescita degli israeliti nel delta e il racconto biblico. Secondo lo studioso erano almeno venti gli insediamenti nel territorio di Goshen, dove vivevano gli ebrei secondo la Bibbia e molti di questi siti non sono stati ancora scavati né se ne conosce la grandezza. L’archeologia dimostra la presenza di un enorme numero di semiti stanziati in Egitto solo nel primo periodo del Medio Regno. Per quanto riguarda il Nuovo Regno e l’epoca di Ramses II non vi sono prove di abitanti semiti.
c) La schiavitù.
Un nuovo faraone sale al potere, non ricorda più Giuseppe e riduce in schiavitù gli israeliti, che stanno diventando troppo numerosi, costituendo una potenziale minaccia. Così li costringe con la forza a lavorare per lui, per la costruzione delle città di Pitom e Ramses e li costringe a fabbricare mattoni di fango e paglia (cfr. Es 1,8-14). Ma esistono prove archeologiche di questi eventi? Secondo Rohl nell’ambito della popolazione rinvenuta nella città di Avaris c’era una situazione di ricchezza seguita da una perdita dell’agiatezza accompagnata dalla riduzione della popolazione. Nelle ossa di questa popolazione si trovano tracce delle cosiddette linee di Harris, indicanti penuria di cibo e sostanze nutritive. Questo popolo si è improvvisamente impoverito e generalmente raggiunge una età massima di 32/34 anni. Come si spiega tutto ciò? La risposta è ovvia: la schiavitù.
La Bibbia ci dice anche che più gli ebrei erano oppressi, più si moltiplicavano e si diffondevano nei territori d’Egitto. Così il faraone ordina agli egiziani di prendere tutti i neonati maschi e di gettarli nel fiume; è durante questo periodo che nasce Mosè, il cui nome significa “salvato dalle acque” (Es 1,15-22-2,10). Anche in questo caso è d’obbligo la domanda: nell’archeologia egizia esistono prove corrispondenti all’informazione biblica dell’uccisione dei neonati israeliti?
Le tombe infantili.
Da un certo momento si inizia a notare un aumento del numero delle tombe infantili nel sito. Generalmente, in un tipico cimitero della media età del bronzo troviamo il 25% di sepolture di bambini. In questo caso la cifra è straordinariamente alta. Nella relazione di scavo della città di Avaris del professor Bietak si parla di un tasso estremamente alto di mortalità dei neonati. Dopo aver individuato tutte le tombe di bambini sotto i dieci anni di età, si è osservato che circa il 50% era morto nei primi tre mesi di vita. Potrebbe esserci stata una epidemia che ha colpito soprattutto i neonati. Ma le analisi delle tombe di chi ha raggiunto l’età adulta ha rivelato che il 60% erano donne e il 40% uomini; pertanto sembra che la mortalità abbia colpito in modo maggiore la porzione maschile della popolazione infante. L’enorme aumento di sepolture di bambini ad Avaris, tra l’altro di neonati maschi, può essere una prova dell’uccisione dei neonati maschi israeliti riportata dalla Bibbia?
Il papiro di Brooklyn.
Esiste un importante documento, il cosiddetto papiro di Brooklyn, che contiene l’elenco degli schiavi domestici di una tenuta. Sono state ritrovate cento persone elencate come schiavi in Egitto e, osservando i loro nomi, ci si accorge che il 70% è di origine semita. I nomi israeliti saltano subito all’occhio: Menahem, Issachar, Asher, i nomi di due delle tribù israelite. Anche Sifra, il nome di una levatrice ebraica nella storia dell’Esodo, compare in questo documento. Sono tutti schiavi ebrei, riportati su un documento della XIII dinastia durante il Regno Medio, non della XIX dinastia e non dell’epoca di Ramses II durante il Nuovo Regno. Come slstenuto da Rohl, tutte queste sono prove concrete dell’epoca in cui gli israeliti si trovavano in schiavitù in Egitto.
Un altro particolare che si può desumere analizzando il papiro di Brooklyn è che l’elenco di schiavi contiene soprattutto nomi di donne, il che trova corrispondenza con l’evidenza archeologica delle prove tombali rinvenute ad Avaris. Perché, dunque, molti archeologi ignorano tale documento? Il motivo è sempre identico: sebbene tutti accettino che sia un elenco di schiavi semiti e che i nomi in esso contenuti siano israeliti, gli schiavi non possono essere israeliti perché non è l’epoca giusta; gli israeliti, secondo la concezione temporale, arrivarono molto tempo dopo.
d) Il giudizio.
La Bibbia narra che Mosè fuggì nella terra di Madian dove visse come pastore per quarant’anni prima di incontrare Dio. Mosè vede un roveto che brucia ma non si consuma e, preso da curiosità, si avvicina per vedere cosa stia succedendo e Dio gli dice: “«Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo». Poi aggiunse: «Io sono il DIO di tuo padre, il DIO di Abrahamo, il DIO di Isacco e il DIO di Giacobbe». E Mosè si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare DIO. Poi l’Eterno disse: «Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il suo grido a motivo dei suoi oppressori, poiché conosco le sue sofferenze” (Es 3,5-7). Come un pastore che raduna le sue pecore, Dio ordina a Mosè di tornare in Egitto e di dire al faraone di lasciar partire il suo popolo perché lo possa servire (Es 3,10-12). Mosè si reca dal faraone il quale non lo ascolta, si rifiuta di liberare il popolo ebraico e così Dio scatena una serie di piaghe impressionanti contro le terre d’Egitto (cfr. Es 4-11).
Come affermato dall’egittologo James Hoffmeier, molti storici, archeologi, religiosi, credono che l’Esodo non sia realmente avvenuto o quantomeno non con le modalità riportate nella Bibbia; essi credono che sia più importante comprendere il significato dell’Esodo, la morale dell’Esodo; credono che il concetto dell’Esodo e della rivelazione sia fondamentale nella tradizione ebraica. Tuttavia, pensano che ciò non significhi che sia necessario credere che la Torah ne fornisca un resoconto storico, credono che la Torah sia un libro non di fatti ma di significati. Un’opinione differente viene espressa dal prof. John Bimson, secondo il quale la storia e la teologia sono fortemente correlate nella Bibbia; togliere il fondamento storico significa minare considerevolmente la verità teologica. Molto di ciò che racconta il NT su Dio e sull’elezione di Israele si intreccia con la storia di questo popolo che fugge dall’Egitto e arriva nella terra promessa.
Se il giudizio fosse avvenuto come descritto nella Bibbia, la società egiziana sarebbe collassata, avrebbe pero le coltivazioni, i primogeniti, la forza lavoro degli schiavi e buona parte dell’esercito. In effetti Mosè ci dice che l’Egitto soffriva per gli effetti della sconfitta ancora quarant’anni dopo l’Esodo. Una prova del caos nel quale sarebbe precipitata la società egizia potrebbe essere rappresentata da un papiro custodito nel museo di Leida, in Olanda. Le descrizioni contenute in questo papiro presentano, secondo alcuni studiosi, una notevole somiglianza con le piaghe della Bibbia vissute, questa volta, dal punto di vista degli egiziani. Redatto da uno scriba di nome Ipuwer, il papiro è noto come “le ammonizioni di un saggio egizio” e descrive in forma poetica una serie di calamità e il conseguente caos che ne scaturisce. Non si sa chi fosse Ipuwer, ma era certamente una persona in grado di rivolgersi al faraone. Il papiro contiene un resoconto molto vivido e preciso di ciò che accadde in Egitto quando il potere centrale crollò; le somiglianze con il racconto biblico sono notevoli:
– L’acqua in sangue: “E l’Eterno disse a Mosè: «Di’ ad Aaronne: “Prendi il tuo bastone e stendi la tua mano sulle acque dell’Egitto, sui loro fiumi, sui loro canali, sui loro stagni e su tutti i loro depositi d’acqua; così essi diventeranno sangue. E vi sarà sangue per tutto il paese d’Egitto, tanto nei recipienti di legno che nei recipienti di pietra”»” (Es 7,19);
– “Guardate, l’Egitto è caduto per l’acqua versata e colui che ha versato l’acqua sul terreno ha portato il potente alla miseria” (papiro di Brooklyn);
– “… tutte le acque che erano nel fiume furono cambiate in sangue. E i pesci che erano nel fiume morirono; e il fiume divenne puzzolente, sì che gli Egiziani non potevano più bere l’acqua del fiume. Così vi fu sangue per tutto il paese d’Egitto” (Es 7,20b-21);
– “Nel fiume scorre sangue. Se lo berrai, perderai la tua umanità e la sete d’acqua” (papiro di Brooklyn);
– “E la grandine percosse in tutto il paese d’Egitto tutto quello che era nei campi, tanto uomini che animali; e la grandine percosse ogni sorta di vegetazione dei campi e fece a pezzi ogni albero della campagna…Ora il lino e l’orzo furono colpiti, perché l’orzo era in spiga e il lino in fiore” (Es 9, 25.31);
– “L’orzo dell’abbondanza non c’è più, le scorte di cibo scarseggiano. I nobili soffrono e sono affamati. Chi prima aveva un riparo ora è nelle tenebre della tempesta” (papiro di Brooklyn);
– “Perciò avvenne che a mezzanotte l’Eterno colpì tutti i primogeniti nel paese di Egitto, dal primogenito del Faraone che sedeva sul suo trono, al primogenito del prigioniero che era in carcere, e tutti i primogeniti del bestiame” (Es 12,29);
– “Guardate, le piaghe si diffondono per tutto il paese, il sangue scorre copioso, i cadaveri abbondano. L’uomo che seppellisce il fratello nella terra è ovunque. Che dispiacere per il dolore di questa epoca” (papiro di Brooklyn);
– “…e vi fu un grande grido in Egitto, perché non c’era casa dove non vi fosse un morto” (Es 12,30b);
– “Il pianto e il lamento si alzano da tutto il paese” (papiro di Brooklyn).
La famosa egittologa Miriam Lichtheim, ormai scomparsa, ha smentito la possibilità che il papiro si riferisca ad una vera calamità nazionale; secondo questa studiosa la descrizione del caos contenuta nel papiro è intrinsecamente contraddittoria e storicamente impossibile. Da un lato si dice che la terra soffra di una penuria completa, dall’altro si afferma che i poveri diventano ricchi, indossano vesti eleganti ed entrano in possesso di tutto ciò che era nelle mani dei loro padroni. Se tuttavia si legge il racconto biblico, diventa chiaro come questa apparente contraddizione si possa realizzare:
– “Or i figli d’Israele fecero come aveva detto Mosè e chiesero agli Egiziani degli oggetti d’argento, degli oggetti d’oro e dei vestiti” (Es 12,35);
– “Le persone sono spogliate dei loro vestiti. Lo schiavo prende tutto ciò che trova. Oro, lapislazzuli, argento e turchese ornano il collo delle schiave” (papiro di Brooklyn).
L’elemento che l’archeologa Lichtheim riteneva contraddittorio, e quindi teoricamente impossibile, è in realtà lo stesso elemento che corrisponde più nello specifico al testo biblico. Se si osserva la grammatica del papiro e le figure letterarie, è fuori di dubbio che sia stato composto durante il Medio Regno, ossia 600-800 anni prima di quando venga posto in modo convenzionale l’Esodo. Diventa evidente, pertanto, che se si cercano le prove dell’Esodo nel periodo storico sbagliato, non se ne trovano. Per decenni la maggior parte del mondo scientifico era convinta a lasciar perdere la Bibbia sulla base di un solo elemento, la cronologia storica, le date presunte dell’Esodo e la mancanza di prove risalenti al periodo di Ramses II. Ma se l’Esodo fosse avvenuto molto prima significherebbe che erano tutti in errore.
La Stele di Mernptah.
A Luxor esiste un monumento fatto erigere pochi anni dopo la morte di Ramses II dal figlio Merenptah. Tale monumento e le iscrizioni ivi riprodotte sono importanti perché dimostrano he Ramses II non poteva essere il faraone dell’Esodo, perché nell’epoca in cui egli visse Israele era già una nazione fondata nella terra di Canaan. Tale stele è conosciuta anche con il nome di Stele d’Israele e prova, per bocca dello stesso faraone, che Israele in quel periodo fosse già uno Stato. Nella stele il faraone elenca dapprima i paesi sottomessi e i paesi in situazione di pace. Nella parte inferiore si trovano tre righe, fondamentali perché rappresentano un collegamento con la Bibbia, nelle quali viene fatta menzione di Is-ra-el ed è l’unica volta che questo nome compare su un monumento egizio. Dopo la parola Israele vi sono due figure sedute di un uomo e una donna con tre arre che rappresentano il plurale e ciò ha il significato di popolo o stato, quindi dello stato di Israele. Poi un’altra parte altrettanto interessante dice: “Israele ha portato la distruzione, il suo seme non c’è più”. Questo è un modo poetico, generalmente usato dai faraoni, per dire che sono stati sconfitti. Tale documento è importante perché se pensiamo che Ramses II ed il figlio vissero all’epoca dell’Esodo di Mosè e Giosuè, questa scritta non corrisponde perché non parla di tribù che vagano attorno al Sinai disperse nel deserto; l’iscrizione parla di un ente politico ben definito e individuato.
Il rilievo di Berlino.
Oltre alla stele di Merenptah c’è il riferimento ad Israele in un altro reperto che è stato denominato “rilievo di Berlino” in quanto si trova nei musei statali di quella città. In questo reperto vi sono raffigurati degli anelli con un nome, ognuno dei quali rappresenta un nemico sconfitto dal faraone, tutti nella regione di Canaan. In uno di questi anelli si rinviene anche il nome di Israele. Poiché questo reperto risale al 1360 a.C. ca., questo rende impossibile una data più recente dell’Esodo poiché questo risale a cento anni prima. Anche quest’altro reperto, quindi, può essere considerato una prova fondamentale perché dimostra che gli israeliti erano già andati via e si trovavano a Canaan ed erano nemici dell’Egitto prima di quello che tradizionalmente viene definito l’Esodo di Ramses II, per cui questi non può esserne stato il faraone.
L’egittologo Kent Weeks sostiene che non vi è alcuna prova che nel regno di Ramses II ci sia stato un calo importante nella potenza dell’esercito o nel benessere economico del paese. Mancano prove di ciò anche relativamente al regno di Merenptah; questo periodo, infatti, presenta una grande stabilità che negherebbe gli avvenimenti descritti nella Bibbia e riguardanti l’Esodo. Tuttavia, c’è un altro particolare che appare di grande importanza e che viene sottovalutato o, comunque, trascurato dalla maggioranza degli studiosi dell’Esodo. La Bibbia contiene un passaggio ignorato che data l’Esodo centinaia di anni prima del faraone Ramses II. la Bibbia dice che passarono 480 anni tra la costruzione del tempio di Salomone e l’Esodo. Secondo molti esperti, il regno di Salomone iniziò nel 970 a.C., per cui sommando i 480anni si arriva al 1450 a.C. come data dell’Esodo, ossia almeno 200 anni prima del regno di Ramses II e dell’esodo che la comunità archeologica vorrebbe in tale periodo. Il prof John Bimson sostiene che, in realtà, il collocare l’Esodo all’epoca di Ramses II si basa su indicazioni inconsistenti ma è quella alla quale guarda la maggior parte degli studiosi soprattutto per convenzione o per abitudine. I periodi precedenti non vengono presi in considerazione e questo è il motivo principale per cui non si rinvengono prove del racconto dell’Esodo nel periodo di Ramses II. se si vogliono rinvenire prove più convincenti, bisogna cercare oltre la teoria dell’esodo di Ramses II. Ciò significa che gli eventi dell’Esodo raccontati dalla Bibbia possono essere collocati almeno duecento anni prima. La nuova data biblica del 1450 a.C. separa comunque di duecento anni gli eventi dallo schema egiziano tradizionale. Se cerchiamo nel Regno Medio, si rinvengono prove o indizi he dimostrino un avvenimento come quello dell’Esodo?
e) L’Esodo.
Gli archeologi che hanno scavato nella zona della città di Avaris hanno ritrovato numerose fosse con corpi che sembrano essere stati gettati. Non si tratta di sepolture formali, non ci sono oggetti o corredi funerari, i corpi sono uno sull’altro come in una fossa comune. Secondo il prof. Bietak, la spiegazione ritiene trattarsi di un evento gravissimo, una epidemia, per cui si dovette procedere a sepolture rapide per evitare contaminazioni. Poi, all’improvviso, tutti i semiti che abitavano nella zona abbandonano il territorio; non si conosce il tempo preciso, ma il sito cade in rovina. Ma c’è di più. A 190 km a sud di Avaris è stata scoperta un altro sito abbandonato, nella città di Kahun, dove è stato rinvenuto un insediamento protetto da una cinta muraria ospitante un gran numero di semiti. Sono stati rinvenuti anche dei documenti sulla schiavitù. Gli abitanti sembrano scomparsi misteriosamente da un giorno all’altro. Secondo l’egittologa Rosalie David dell’università di Manchester, l’abbandono della città fu improvviso e imprevisto. I beni furono ritrovati per le strade e le case furono abbandonate così com’erano prima di venire ricoperte dalla sabbia del deserto per secoli.
Uno dei momenti fondamentali della storia d’Egitto è la caduta della civiltà egizia. Quando i sovrani Hyksos, invasori venuti dall’estero, giunsero per distruggere il paese annientando completamente il potere egiziano, l’Egitto è già in ginocchio. Le prove archeologiche del periodo raccontano questo fatto, che accade solo una volta in mille anni di storia egiziana. Come sostenuto dal prof. Bimson, si può collegare questo fatto ad una tradizione riportata dal sacerdote egizio Manheto, il quale scrisse una storia d’Egitto nel III sec. a.C.; egli narra che durante il regno di Dudimose, uno degli ultimi re della XIII dinastia, Dio distrusse gli egiziani. Il fatto che menzioni Dio significativo, perché dovrebbe parlare di dei e non di un Dio monoteista. A causa di questa distruzione, di qualunque cosa si tratti, degli stranieri, un popolo dalla razza ignota, invase il paese dal nord, conquistandolo quasi senza colpo ferire. Era dunque successo qualcosa che aveva devastato l’Egitto, rendendolo incapace di difendersi. Questo è il periodo denominato degli Hyksos.
f) La conquista.
Ma cosa succede nell’ultima fase della sequenza biblica, ossia la conquista di Canaan, la terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza? Gli israeliti lasciano l’Egitto e si recano verso il monte Sinai, dove ricevono la legge e stringono alleanza con Dio divenendone il popolo eletto. Poi, dopo quarant’anni di peregrinazioni, Mosè trasferisce la sua autorità a Giosuè, si reca sul monte Nebo e qui muore (cfr. Dt 34). Gli israeliti avevano atteso secoli l’adempimento della promessa ed ora sarebbe stato Giosuè a guidarli nella conquista di Canaan. La terra di Canaan era molto diversa dall’Egitto, governata da molte città-stato indipendenti, tra le quali Hazor, Gerico, Hebron, Arad. La storia di questa regione è stata suddivisa in due periodi principali: la media Età del bronzo, corrispondente al Medio Regno egizio, nella quale prosperarono e costruirono altre fortificazioni, e il periodo conosciuto come tarda Età del bronzo, corrispondente al Nuovo Regno egizio; nel primo periodo vi furono incendi e devastazioni improvvise. L’archeologa Norma Franklyn dell’università di Haifa e l’archeologo Israel Finkelstein dell’università di Tel Aviv, negano l’esistenza di un esodo di massa collegato a prove, riguardanti città della tarda Età del bronzo. E se tutto ciò fosse avvenuto durante la media Età del bronzo?
È sembrato logico partire dall’importante sito archeologico di Gerico, la prima città ad essere distrutta dagli israeliti. Gli scavi estensivi della città iniziarono nei primi anni del ‘900 con un team tedesco guidato da Ernst Sellin al quale seguì un team britannico guidato da John Garstang negli anni ’30. Entrambi credettero di aver scoperto uno strato di distruzione corrispondente a quanto narrato nella Bibbia; le cose però presero una piega inaspettata con gli scavi di Kathleen Kenyon, negli anni ’50. L’archeologa dimostrò che non esistevano prove di una distruzione di Gerico come narrato dalla Bibbia perché la caduta della città risalirebbe ad un’epoca posteriore. Ancora una volta, quindi, l’esclusione sulla base di un posizionamento dell’Esodo all’epoca di Ramses durante la quale, però, non sono state rinvenute prove di scavo che ne potessero confermare l’esistenza; al contrario come visto in precedenza, le uniche prove rinvenute vanno nel senso opposto di confermare che all’epoca di Ramses II già esisteva il regno di Israele. La Kenyon si aspettava che eventuali prove risalissero alla tarda Età del bronzo, ma non ce n’erano. Secondo la teoria di Bimson, infatti, se gli israeliti fossero arrivati nel XIII sec. non avrebbero trovato nessuno, invalidando così il racconto biblico.
Se si assume come postulato che Gerico non esisteva all’epoca in cui Giosuè conquistò la terra promessa, essendo un personaggio inventato, così come inventata fu l’epopea della conquista e, conseguentemente, anche l’Esodo, perché non chiedersi a quale epoca risale la città di Gerico? È da questa data che bisogna far partire il computo del tempo, secondo il prof. Rohl. Secondo la Bibbia, la conquista inizia quando gli israeliti attraversano il fiume Giordano. Giosuè invia degli uomini a perlustrare l’enorme città fortificata di Gerico e lì incontrano una prostituta di nome Rahab, che dice loro chenel paese tutti hanno paura degli israeliti perché hanno saputo ciò che Dio ha fatto per loro agli egiziani (cfr. Gs 2). Secondo Bryant Wood, la Bibbia dice che Gerico era fortificata, e gli scavi fatti sul sito della città confermano l’esistenza di un terrapieno che circondava il basamento su cui era edificata. Alla base vi era un muro di contenimento in pietra alto più di m. 4,5 con mura di prolungamento ancora più alte realizzate in mattoni di fango; oltre queste mura c’era il terrapieno, un ripido pendio ricoperto di una superficie scivolosa di intonaco, nel quale gli invasori sarebbero stati bersagliati da pietre e frecce. Al di sopra del terrapieno si trovavano le mura principali della città, realizzate anche queste in mattoni di fango, alte più di m. 7,5 e spese m. 3. La Bibbia narra che per sei giorni, il popolo di Israele camminò attorno alla città, trasportando l’Arca dell’alleanza e suonando corna di ariete. Poi, il settimo giorno, gli israeliti fanno sette giri attorno alla città e i sacerdoti emettono un luogo suono con i corni; il popolo alza un grido altissimo e le mura della città iniziano a crollare, permettendo agli israeliti di entrare e occupare la città (Gs 6).
È sempre Wood a sostenere che, una volta soggiogata la città, le spesse mura di mattoni crollarono e caddero alla base del muro di contenimento. La stessa Kenyon lo descrive nel dettaglio nelle sue relazioni di scavo; poi, secondo i racconti, gli israeliti incendiarono la città ed è esattamente ciò che è stato riscontrato: Gerico è stata distrutta da un enorme incendio. La Kenyon afferma anche che le mura crollarono prima dell’incendio. Perciò le prove archeologiche raccolte corrispondono alla sequenza che si legge nella Bibbia: prima il crollo delle mura, poi l’incendio della città. Gli scavi del sito hanno portato alla luce prove evidenti di un’enorme devastazione dovuta al fuoco, grazie ad uno strato molto spesso carbonizzato a temperature altissime. Ciò ha portato la Kenyon ad attribuire l’incendio ad un attacco nemico e non come conseguenza di un terremoto. Ma per la Kenyon la città è stata distrutta dagli egiziani intorno al 1550 a.C. ma, come lo stesso Wood conferma, non ci sono prove che gli egiziani si trovassero nella valle del Giordano in quell’epoca. Dal momento che la Kenyon ha datato la distruzione di Gerico 150 anni prima del presunto arrivo degli israeliti, non vede collegamenti tra questo evento e il racconto biblico, ma questa data, come dimostrato fin qui, è desunta da uno schema rigido che fissa tutta la catena degli eventi al periodo di Ramses II. vi è un altro elemento da considerare; all’interno della città è stata fatta una scoperta incredibile. Sia Garstang che la Kenyon trovarono nelle case molte giare piene di cereali di scorta. Secondo Bimson le giare piene indicano che il raccolto era stato appena fatto. I dettagli del racconto biblico indicano che l’evento è accaduto in primavera e lungo la valle del Giordano questa è la stagione del raccolto, per cui le giare erano piene e non vuote come sarebbero state in una fase dell’anno più avanzata. Dopo aver attraversato il Giordano, gli israeliti celebrano la Pasqua, che cade in primavera. Le giare piene indicano anche che l’assedio fu molto breve, cosa insolita per una città ben fortificata come Gerico; ciò corrisponde ai sette giorni della narrazione biblica.
Un altro elemento affascinante relativo a Gerico che corrisponde quasi perfettamente al racconto biblico riguarda la promessa fatta alla prostituta Rahab che aiutò gli israeliti. La donna viveva sulle mura della città e, dopo aver nascosto le spie ebree, queste le promisero che sarebbe stata risparmiata assieme alla sua famiglia se avesse calato una corda rossa dalla finestra (Gs 2,17-21). Ma se la sua casa era sulle mura come può essere sopravvissuta se queste caddero completamente? La relazione archeologica del 1923 dell’archeologo tedesco che fece gli scavi a Gerico, Sellin, contiene planimetrie e fotografie dettagliate anche di una zona che corrispondeva alla storia della prostituta in modo inaspettato. I tedeschi scoprirono che in un piccolo tratto di muro nella parte settentrionale della città, c’erano case costruite sul terrapieno fra le mura inferiori e quelle superiori e alcune di quelle case erano costruite proprio a ridosso delle mura inferiori. Questo tratto di mura non era crollato. Questo può fornire una spiegazione di come la prostituta e la sua famiglia possano essersi salvati.
La conquista riguarda anche altre città della zona di Canaan e Giosuè, successivamente, va verso nord, in direzione della città di Hazor, il cui re riunisce tutti gli altri re della regione contro Israele. Giosuè, comunque, riesce nella conquista della città, distruggendola con il fuoco. Ad Hazor è stato rinvenuto uno strato carbonizzato contemporaneo alla distruzione di Gerico. Sono state rinvenute anche delle tavolette della media Età del bronzo recanti lo stesso nome del re Iabin, che Giosuè avrebbe ucciso (cfr. Gs 11,1; Gd 4,2-3.7.17.23-24; Sal 83,9).
6. Conclusioni.
Ora, dopo aver analizzato il racconto biblico e le risultanze archeologiche nei diversi siti teatro del racconto dell’Esodo, è possibile giungere ad una conclusione. Applicando il criterio di valutazione delle prove usato in ambito giuridico e di indagini forensi, si può affermare in generale che la prova indiziaria o indizio si contrappone alla prova rappresentativa e vuole che l’esistenza del fatto da provare si ricavi attraverso una relazione costituita o da leggi scientifiche o da una massima di esperienza. L’esistenza di un fatto non può essere dedotta, infatti, da indizi a meno che questi non siano gravi, precisi e concordanti. Un indizio è grave quando è dotato di un grado di persuasività elevato e riesce a resistere ad eventuali obiezioni; è preciso quando non è suscettibile di diverse interpretazioni; è concordante quando ciascun indizio confluisce nella stessa direzione di tutti gli altri.
Nel caso dell’Esodo molteplici indizi, che si possono considerare gravi, precisi e concordanti, assieme a prove incontrovertibili contribuiscono a rendere oltremodo plausibile non solo l’ipotesi dell’avvenuto Esodo del popolo ebraico ma anche a raccontarci tempi e modalità, oltre che i riflessi storici ed economici, che nella Bibbia sono riportati in maniera pressoché identica e precisa. Le prove corrispondenti al primo momento della storia biblica, quello dell’arrivo, sembrano essere notevoli: la casa in stile siriano nella zona del delta del Nilo, l’importante palazzo in stile egizio abitato da un semita, la tomba a piramide con una statua dai caratteri semiti e un mantello colorato come nel racconto biblico, il canale di Giuseppe dello steso periodo della città di Avaris, la fine del potere e della enorme ricchezza dei governatori regionali, la contemporanea crescita del potere e della ricchezza del faraone, la raffigurazione della statua del faraone con una espressione preoccupata indizio rivelatore di un periodo di gravi difficoltà per il paese. Così anche il successivo periodo del racconto biblico, quello della crescita del popolo ebraico, è provato dal rinvenimento di tombe chiaramente straniere, ossia di semiti, come si evince dalle ceramiche, dai pugnali non di tipo egizio; in alcune sepolture sono stati ritrovati anche degli asini e questa non era una pratica egizia bensì semita; sono venute alla luce prove di un numero enorme di semiti tanto che la città di Avaris raggiunse i 25° ettari di estensione per circa trentamila abitanti. A quanto pare tali prove sono l’indicazione della rapida espansione della popolazione semita ad Avaris, ed è da considerarsi l’unico momento nella storia d’Egitto per il quale si hanno prove di un dominio semita sul delta del Nilo. Dai reperti rinvenuti nella città di Avaris emerge che all’inizio i semiti siano liberi, potenti e ricchi; successivamente cadono nella povertà e in malnutrizione. Il numero delle sepolture dei bambini aumenta improvvisamente. Un papiro elenca una serie di nominativi di schiavi della fine di quest’epoca, molti dei quali hanno nomi ebraici. Tutto questo avviene quattrocento anni rima di quanto ci si aspetterebbe con l’Esodo nell’epoca di Ramses II, epoca tradizionalmente stabilita da buona parte della comunità di archeologi, ma che viene riconosciuto, da un’altra parte di archeologi, come il motivo principale per cui non si rinvengono in tal periodo prove dell’Esodo.
Inoltre, vi è un papiro risalente al Medio Regno che descrive, relativamente alle fasi bibliche del giudizio e dell’esodo, degli eventi incredibilmente simili alle piaghe d’Egitto: fosse piene di cadaveri sepolti in fretta rinvenute nella città di Avaris, l’abbandono in massa dei centri semiti in Egitto, una fonte egizia, esterna alla Bibbia, che afferma che un Dio potente ha cambiato la storia d’Egitto infliggendo un colpo mortale seguito dall’invasione di un popolo straniero; tutto questo coincide con l’unico declini della società egizia in mille anni. Infine anche gli indizi relativi alla fase storica della conquista della terra promessa appaiono sostenuti dalle prove di una città con mura di cinta crollate, un incendio appiccato deliberatamente subito dopo il crollo delle mura, giare con cereali carbonizzati che provano un assedio breve e avvenuto in primavera, alcune case all’interno delle mura rimaste intatte come riporta la Bibbia; inoltre, sempre la Bibbia ci dice che Giosuè scagliò una maledizione contro chiunque avesse ricostruito la città e l’archeologia ci informa che la stessa rima se disabitata per secoli; tutto quanto coincide, insomma, con il racconto biblico.
Alla luce di tutto ciò si pone una domanda legittima: e se tutte le prove del Medio Regno non fossero una coincidenza e l’Esodo fosse davvero avvenuto prima del regno di Ramses II? per confermare questa ipotesi bisogna esaminare attentamente i dettagli del racconto biblico unitamente alle prove e agli indizi che emergono dalla ricerca storica e archeologica e, alla fine, ognuno potrà dire se si tratta di una teoria logica o meno. In fondo nessuno conosce i segreti nascosti nelle sabbie del deserto egiziano ed in attesa di nuove scoperte, se mai ce ne saranno, bisogna aprire la mente ad ogni nuova teoria, interpretandola autonomamente e scevri da influenze.